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Ballare la musica jazz e swing negli anni ’20

Quando si pensa agli anni ‘20 negli Stati Uniti non si può fare a meno di ricordare l’era del proibizionismo, con le scorribande dei gangster e la musica dal vivo che imperversava nelle sale da ballo: i cosiddetti “anni ruggenti” restano ancora oggi nell’immaginario popolare, grazie soprattutto alla potenza delle immagini del cinema. Ma non è tutto qua!

Gli anni ‘20 segnarono anche l’avvento del sonoro al cinema, la realizzazione di uno dei primi prototipi di televisione, l’esplosione del fenomeno old jazz e soprattutto la diffusione dei primi balli swing: il Fox-Trot e la Tap Dance, ad esempio, ma soprattutto il Charleston! Preparatevi, dunque: nelle righe a venire partiremo per un viaggio che ci riporterà indietro nel tempo, alla scoperta delle origini di questo ballo dal quale poi si è sviluppato il Lindy Hop.

I primi anni del Novecento e lo sviluppo dei balli sociali

Il decennio protagonista di questo nostro racconto nasce in un contesto del tutto particolare. Ci riferiamo, chiaramente, al termine del primo conflitto mondiale: nel 1918 si concludeva infatti uno dei peggiori capitoli della storia dello scorso secolo. Nessuno poteva allora immaginare che degli anni ancora più duri sarebbero arrivati solo vent’anni dopo; tanto bastava, alla popolazione del mondo intero, per essere pervasi dalla gioia e dalla voglia di divertirsi. E cosa rappresenta più genuinamente la spensieratezza di un periodo storico ricco di speranze e di voglia di vivere? La musica e il ballo, ovviamente! Proprio per questo il settore dell’intrattenimento crebbe come mai prima di allora.

In uno scenario del genere, ha avuto luogo un incredibile proliferare di nuove forme di ballo e di luoghi nei quali i giovani (ma non solo) potevano andare a scatenarsi. I balli sociali (altresì conosciuti come social dance, ovvero tutti quei balli che necessitano di un partner) stavano diffondendosi sempre di più e il Charleston era uno dei più gettonati; i ballerini trovavano in questa danza una forma di svago inedita fino ad allora: i rapporti sociali e interpersonali trovavano una nuova dimensione, e chiunque uscisse a ballare poteva scegliere un partner sempre diverso, anche nel corso della stessa serata! Chi invece non lo desiderava, poteva comunque esibirsi singolarmente nel cosiddetto Solo Charleston.

Le origini del Charleston: come nasce questo ballo così frenetico?

Alcuni storici fanno risalire i movimenti del Charleston a quelli degli scaricatori di porto afroamericani, che proprio nell’omonima città movimentavano la merce dalle navi cargo facendo dondolare le gambe; altri ancora credono che l’origine vada ricercata nelle danze delle tribù africane d’origine. Il minimo comun denominatore sembra comunque la provenienza dal Continente Nero e dalle comunità più povere dei lavoratori. In maniera molto meno intrigante, alcuni saggisti sono invece convinti che il nome del ballo, pur derivando dalla località in questione – situata nella Carolina del Sud – arrivi dalla canzone The Charleston, composta nel 1923 dal pianista jazz James P. Johnson.

Oggi dimenticato dai più, questo compositore fu uno dei padri dello stile pianistico di quegli anni, tanto da essere preso a modello da futuri giganti del genere come Count Basie e Fats Waller. La critica jazz lo considera tutt’oggi uno dei pianisti più abili di ogni tempo e anche i profani possono facilmente capirne i motivi: le sue canzoni frenetiche sono perfette per scatenarsi gettando all’esterno le gambe, con le ginocchia unite e i piedi rivolti all’interno; insomma, le basi del Charleston! Nasce così un nuovo stile, completamente diverso dai balli da sala che venivano all’epoca importati dalla cultura europea: una danza liberatoria ed eccentrica, mal vista dai benpensanti, che ha dato il via a una serie di fenomeni inarrestabili!

La diffusione del Charleston e il suo arrivo in Europa

Si, perchè dal Charleston è iniziato quel processo di evoluzione che ha portato negli anni ‘40 al Lindy Hop, e nel decennio successivo al Boogie Woogie e al Rock’n’Roll. Il suo andamento spedito ed il ritmo in 4/4 – contrassegnato proprio dal suono del Charleston, una componente della batteria composta da due piatti di metallo –  hanno inaugurato una stagione completamente nuova per il ballo, tracciando una netta linea con tutto ciò che è venuto prima. Gli sgambettamenti, i salti e gli inconfondibili kicks (i calci verso l’esterno) ricordano davvero i movimenti degli scaricatori che abbiamo già citato, e non ci risulta difficile credere che siano stati proprio loro a diffondere questo stile inconfondibile nelle sale da ballo…

Negli Stati Uniti degli anni ‘20, dunque, scoppiò una vera e propria Charleston-mania! I due centri nevralgici di questa nuova cultura furono Chicago e soprattutto New York: qui si trovavano i locali più gettonati del periodo, nel cuore del quartiere di Harlem (un luogo che tutti gli appassionati di musica swing dovrebbero conoscere e visitare); il Cotton Club, il Connie’s Inn ed il Savoy Ballroom si riempivano ogni sera di una clientela impaziente di scatenarsi sulle note dei migliori jazzisti dell’epoca. Per la prima volta, inoltre, fu un ballo americano a raggiungere l’Europa e non viceversa: nel 1925 il pezzo Yes Sir! That’s My Baby venne pubblicato in vinile con allegate le istruzioni per ballarlo, scatenando così questa moda anche nel Vecchio Continente.

In Italia la canzone arrivò con un altro nome, ovvero Lola, Cosa Impari a Scuola e venne addirittura messo al bando perchè il ballo era ritenuto poco dignitoso dal nostro governo. Ma questa avversione nei confronti del Charleston non avveniva solo nel Belpaese: in quasi tutti gli stati d’Europa i benpensanti lo ritenevano una pratica volgare, quasi degenerata, mentre altri ancora ritenevano quei movimenti pericolosi per le articolazioni. Fu così che iniziò a diffondersi tra i ballerini l’abitudine di vestire protezioni e ginocchiere sotto ai vestiti: la voglia di ballare, fin da allora, era decisamente superiore ai timori per la propria incolumità!