Anche se molti di noi sarebbero disposti a tutto pur di vivere in prima persona gli anni d’oro dello swing e delle battle of the bands nei locali di New York, sappiamo bene che si tratta di un sogno destinato a rimanere tale! Certo, abbiamo provato a descrivervi com’era l’atmosfera dei tempi e quali fossero i luoghi storici di quell’epoca irripetibile, ma non sarà mai la stessa cosa: l’unico modo nel quale possiamo rivivere quei fasti, oggi come oggi, sono le feste a tema e gli eventi a ritmo di swing. E chi più di ogni altro, nel corso di questi eventi, ha il potere di portarci indietro nel tempo grazie alla musica? Ci riferiamo al DJ, ovviamente, una figura spesso (a torto) sottovalutata nel campo della musica swing!
La musica swing e l’importanza del DJ nell’ambito della social dance
La storia della nostra musica preferita nasce ed esplode letteralmente tra gli anni ‘20 e ‘30 nel secolo scorso. In questi cosiddetti “anni ruggenti”, contrassegnati dal diffondersi della cultura jazz, dal proibizionismo e dai temibili bande di gangster, un manipolo di musicisti e di ballerini affollava le sale da ballo più note della Grande Mela per deliziare gli astanti con il loro irresistibile genio. Artisti come Chick Webb o Frankie Manning erano solo alcuni dei protagonisti di quel periodo, noto agli storici per aver dato i natali alla social dance; sono questi, infatti, gli anni durante i quali le ragazze iniziano quel periodo di emancipazione che culminerà con le conquiste sociali del dopoguerra.
Il Lindy Hop, come ballo di coppia, è stato fin da subito un punto di svolta anche da questo punto di vista: la coppia di ballerini poteva finalmente danzare a stretto contatto, rivoluzionando per sempre la società e la cultura. Oggigiorno, purtroppo, i meccanismi dei balli sociali sono stati quasi completamente dimenticati: se all’epoca uomini e donne si chiedevano l’un l’altro di ballare assieme, sviluppando così una complicità unica grazie al contatto fisico, in era contemporanea si è preferito tornare a delle forme di ballo più individualiste.
Fortunatamente, però, nel campo della musica che più amiamo – lo swing e tutte le sue forme di ballo, in primis il Lindy Hop – la componente sociale e di contatto è ancora in primo piano: proprio per questo la capacità di un DJ (o di una live band) di coinvolgere i ballerini è davvero fondamentale, e anche se non potrà mai sostituire la musica dal vivo dei grandi del passato rimane comunque la via più breve per rivivere, anche solo per pochi minuti, quegli anni d’oro.
Le regole di base per diventare un DJ specializzato in campo swing
Dopo questo fondamentale preambolo sull’importanza della musica a livello sociale e di come i DJ siano delle figure fondamentali, andremo forse a dire una grande (ma necessaria) banalità: la prima regola per essere dei grandi DJ in ambito swing è amare profondamente questa musica! A molti magari può piacere. Ma la connessione deve essere ben più profonda: non basta apprezzarla, bisogna proprio amarla; la seconda regola è una diretta conseguenza della prima e consiste nell’investire in un buon paio di cuffie di alto profilo e utilizzarle per acquisire una conoscenza enciclopedica del genere, dei suoi migliori rappresentanti e delle canzoni più iconiche.
Affinare l’orecchio e percepire ogni singolo strumento, riascoltare gli assoli più entusiasmanti, leggere interviste ed articoli dell’epoca: viviamo in un’era ben diversa da quella che ha dato i natali a questa musica, ma grazie ad internet possiamo attingere ad un archivio pressoché infinito per ampliare al massimo la nostra cultura in relazione a ogni argomento. Anche la possibilità di procurarsi i dischi originali dell’epoca non va sottovalutata; ogni DJ dovrebbe preferire la musica generata dai solchi di un vinile, fosse anche solo per godersi le fotografie e le note sulla copertina!
Quali sono le migliori canzoni da scegliere per un DJ set swing perfetto
Arrivamo dunque alla parte più importante del ruolo di un DJ, ovvero la scelta delle canzoni; ci sono diverse scuole di pensiero a riguardo ed è giusto che ognuno segua la propria strada, in base alla propria sensibilità: si può quindi passare da un pezzo velocissimo e scatenato ad uno lento e romantico, ad esempio, così come si può suddividere il proprio set in due gruppi distinti nel quale proporre al proprio pubblico le due tipologie di canzoni.
La terza via, invece, si relaziona a quanto detto nel precedente paragrafo e consiste nella costruzione di una scaletta coerente a un determinato ordine, sia esso temporale o di affinità musicale; questa scelta si rivela generalmente perfetta se stiamo suonando per un pubblico di appassionati e di esperti del genere. Se dovessimo indicare una sola delle tre filosofie sopracitate, sceglieremmo senza dubbio quest’ultima e avremmo anche già in mente come strutturare un’eventuale playlist: si potrebbe iniziare con una selezione di grandi classici dello swing strumentale degli anni ‘30 e ‘40, così da scaldare un po’ gli animi dei ballerini in pista; magari salendo d’intensità, lentamente, così da arrivare in fondo a questo primo blocco con le canzoni più veloci.
Finita questa prima parte del set, si può iniziare con qualche tocco di classe, magari dei pezzi cantati: Billie Holiday ed Ella Fitzgerald sono imprescindibili, ad esempio, per poi passare alle pietre miliari della Lincoln Center Orchestra e a qualche spolveratina di R&B, come le composizioni del grande Buddy Johnson. Per chiudere si sganceranno, ovviamente, i pezzi grossi: un po’ di soul per scaldare gli animi e poi via con il miglior Sinatra, gli anni ‘50 di Big Joe Turner e il rock and roll più sfrenato che farà scatenare tutti a ritmo di boogie woogie!