Louis Armstrong: il jazzista più famoso e amato della storia

Sicuramente avrai sentito almeno una volta nella tua vita la canzone “What a Wonderful World”, capolavoro indiscusso e uno dei pezzi che più rappresentano il cuore e l’anima di Armstrong. Vorrei subito dirti una cosa: Luis Armstrong non l’ha scritta dopo essere andato sulla Luna… a mettere piede sul satellite fu Neil Armstrong, nemmeno un lontano parente del nostro Louis, che ben poco c’entra anche con la bici, infatti quell’Armstrong è Lance.

Armostrong: il padre del jazz che conosciamo oggi

Louis Daniel Armstrong è stato, se possiamo dire ‘solo’, uno dei più grandi jazzisti e dei più influenti musicisti del secolo scorso. Nato a New Orleans il 4 agosto 1901 (anche se lui ha sempre dichiarato di essere nato nel 1900, invecchiandosi di un anno e un mese probabilmente per questioni legate ai suoi esordi giovanili) in una famiglia povera (i nonni infatti erano stati schiavi), crebbe in un sobborgo residenziale senza il padre, che abbandonò la famiglia quando Luis era ancora un neonato.

 

Negli anni della scuola per aiutare la propria famiglia si guadagnava qualcosa raccogliendo carta e resti di cibo che vendeva a vari ristoranti. Ma ciò che riusciva a portare a casa era troppo poco, e così la madre era costretta a prostituirsi. La sua fu una vita di grandi stenti, tra la miseria e la sofferenza per la discriminazione razziale subita dalla sua gente. A sollevarlo però intervenne fin da subito la passione per una musica nera che all’epoca veniva chiamata ragtime.

 

Il jazz come genere che tutti conosciamo doveva ancora nascere.

 

La notte di Capodanno del 1912 varcò le porte del riformatorio perché trovato con un revolver in mano che pare stesse usando per festeggiare Capodanno, anche se c’è chi dice che avesse preso parte ad uno scontro tra gang rivali… Fatto sta che in riformatorio ci passò un anno e mezzo, ma qui fece l’incontro che cambiò la sua vita: una guardia infatti gli regalò una vecchia cornetta ammaccata e da lì iniziò ad essere chiamato Dippermouth (bocca a mestolo). Ben presto entrò nella banda dell’istituto, la Waim’s Home band, il cui maestro, Peter Davis, gli insegnò i rudimenti di questo strumento.

Fu proprio il professor Davis a infondergli la serietà necessaria per raggiungere i propri obiettivi, aiutandolo a gestire il proprio innato talento innato con l’impegno e la disciplina, cosa che gli permise successivamente di arrivare a traguardi inimmaginabili.

L’ascesa di Louis in tutto il mondo

All’uscita dal riformatorio Louis iniziò a suonare nelle sfilate dei giorni di festa e ai funerali: nella sua biografia lui stesso racconta l’emozione di vedere prostitute e biscazzieri affacciarsi per vedere passare i suonatori. Solo nel 1918, incentivato dal lavoro sui “riverboats” (i battelli che navigavano sul Mississippi), Armstrong imparò a leggere le partiture, diventando un musicista completo. Un’usanza delle orchestre di New Orleans era quella di esibirsi per le strade a bordo di camion, incrociarsi e iniziare sfide all’ultima nota.

Un giorno Armstrong, mentre camminava per strada, incrociò il camion di Kid Ory, allora uno dei trombettisti più famosi, il quale, vedendolo con una tromba tra le mani, gli chiese a chi la stesse portando.
“A nessuno, è mia” rispose Louis, ma nessuno gli credette e allora comiciò a suonare. Inutile dire che fu imbarcato dall’orchestra e la sua fama cominciò a crescere.
Nei primi anni venti, trasferitosi dapprima a Chicago e poi a New York, Louis ebbe la possibilità di far spiccare l’estremo virtuosismo che ormai aveva acquistato con il suo strumento, divenendo membro di
band più famose e guadagnandosi il soprannome di “Satchmo” (bocca a sacco).

 

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Nel 1925 dopo numerose collaborazioni con le più grandi band, decise di fondare il suo gruppo, Luis Armstrong and His Hot Five, trasformando cosi il jazz in una delle più alte espressioni musicali.
Solo nella prima metà degli anni trenta poté far conoscere all’Europa il suo grande talento, arrivando a trecento concerti all’anno e collezionando successi clamorosi.

Una leggenda gli attribuiva l’invenzione dello scat, che pare sarebbe nato per caso durante una registrazione dopo che ad Armstrong erano caduti i fogli dal leggio (lo scat è quel virtuosismo canoro che consiste nell’imitazione vocale di strumenti musicali tramite fraseggi simili a quelli strumentali). Questa leggenda è stata smentita, ma resta il fatto che ne fu uno dei principali artefici del tempo.

Armstrong morì di infarto nell’estate del ‘71, ma la sua grande musica è più viva che mai grazie a brani ancora oggi indimenticabili. Poco prima della morte disse: “Penso di aver avuto una bella vita. Non ho
pregato per ciò che non potevo avere e ho avuto all’incirca tutto ciò che desideravo perché ci ho lavorato”.