Dopo quel sovraccarico di gioia ed euforia che sono stati gli anni ‘50, iniziò un decennio che per certi versi fu ancora più rivoluzionario: senza dubbio fu un’era di grandi agitazioni sociali, ma anche di massicce mobilitazioni per i diritti civili. A fare da motore al tutto vi era innanzitutto la cultura, sia dal punto di vista letterario che musicale… con il rock and roll di Elvis Presley che lasciava lentamente il passo al fenomeno dei Beatles.
Le abitudini delle persone stavano cambiando e sempre più giovani aderivano a quella che oggi viene ricordata come controcultura: il Regno Unito e gli Stati Uniti stavano definitivamente cambiando faccia e anche l’Italia – sebbene con il consueto ritardo – subiva l’onda lunga ed il fascino per determinati movimenti. Un’era di stravolgimenti soprattutto per il mondo femminile, che si è inevitabilmente riflessa nella moda: andiamo a scoprire come!
Potrebbe interessarti anche:
Storia della moda femminile negli anni ’50, stilisti e tendenze
La moda negli anni ‘60 e il contesto storico
Come abbiamo già sottolineato, il grande fervore sociale e civile fu uno dei massimi protagonisti degli anni ‘60. Se la donna del decennio precedente era femminile e seducente (ne è un chiaro esempio lo stile che adottarono le pin-up), nei sixties invece prendeva piede tra le più giovani uno stile decisamente più androgino… anche se non meno elegante ed attraente. Furono gli anni delle cosiddette gamine (dal francese gamin, un termine che potremmo tradurre come “bimbo birichino), giovani donne indipendenti e provocatrici.
Una moda che arrivava dritta dai fatti storici di quel periodo e dall’atteggiamento ribelle degli studenti, che si opponevano allo stile votato all’allegria e al consumismo che tenne banco nel corso di tutti gli anni ‘50. Erano gli anni dell’opposizione alle guerre – ed in particolare a quanto stava accadendo nel Vietnam – e di un presidente degli Stati Uniti come John Fitzgerald Kennedy: un percorso che avrebbe portato alla conquista della Luna (dal punto di vista scientifico) e all’indimenticabile festival di Woodstock (per quanto riguarda la cultura).
Il terremoto che avvenne nel campo dei consumi fu considerevole e il cambio di stile pressoché radicale divenne evidente fin dai primi anni del decennio: le donne provocanti degli anni ‘50 lasciarono dunque spazio a figure più mascoline e sbarazzine, dall’aspetto apparentemente semplice ma in realtà innovativo e minimalista. Un’epoca segnata dagli abiti a trapezio, dai tailleur squadrati e dai capelli molto più corti rispetto al passato… con gli Stati Uniti che cedono il passo a Londra (anzi, alla Swinging London) come centro nevralgico della cultura popolare.
La Swinging London e gli anni ‘60 in Europa
Proprio in Gran Bretagna nasce il nuovo fenomeno musicale mondiale: per i più giovani, Elvis Presley, Chuck Berry e Little Richard erano ormai storia antica e i Beatles (con i Rolling Stones direttamente a seguire) finirono per sostituirli definitivamente. Nella capitale britannica nascevano così tutte le nuove tendenze della moda e dello stile: prendevano vita boutique storiche come il Bazaar di Mary Quant – con il suo inconfondibile logo a margherita – e Biba, aperto dalla designer di origini polacche di Barbara Hulanicki.
In questo contesto nasce il fenomeno culturale della minigonna, prende piede il concetto di collant e i capelli a caschetto di Vidal Sassoon (il cosiddetto bob cut) diventa un must per tutte le giovani dell’epoca. Anche il modo di vestire lasciava spazio a uno stile più geometrico, che metteva definitivamente nel cassetto – o quantomeno le faceva dimenticare a tutti per un paio di decenni – le donne piene di curve mozzafiato degli anni ‘40 e ‘50. Di conseguenza, anche i tacchi e gli orli si riducono considerevolmente.
Il simbolo di questa generazione di giovani donne britanniche (e del mondo intero)? Senza dubbio Lesley Hornby, ai più conosciuta con il nome di Twiggy! Una modella che rappresentava in tutto e per tutto le caratteristiche e lo stile degli anni ‘60: corporatura magra ed esile (il suo soprannome si può tradurre con il termine stecchino), capello corto e un inconfondibile aspetto androgino e sbarazzino. Non a caso fu proprio lei a portare alla ribalta la minigonna disegnata da Mary Quant, vera icona della Swinging London.
Il Prêt-à-porter: cos’era e come ha cambiato la moda
Una delle maggiori rivoluzioni degli anni ‘60 nel campo della moda fu senza dubbio l’enorme diffusione del cosiddetto prêt-à-porter: questo termine francese, letteralmente “pronto da portare”, fu coniato intorno alla fine degli anni ‘40 negli Stati Uniti (dove veniva chiamato ready to wear) ma fu solo sul finire del decennio successivo che prese definitivamente piede. Il termine indica i vestiti venduti in taglie standard (sì, proprio come accade tutt’oggi!) e non più su misura come si usava fare all’epoca.
Il prêt-à-porter diventa così uno standard e permette a chiunque di fruire di vestiti di buon livello – anzi, spesso davvero innovativi e rivoluzionari dal punto di vista stilistico – ma comunque accessibili a chiunque… soprattutto dal punto di vista economico. Gli abiti di sartoria divennero così una rarità, relegata unicamente all’alta moda. Nella già citata Swinging London fu proprio Mary Quant una delle prime figure ad affermarsi grazie a questa nuova formula; in Francia, invece, fu Yves Saint Laurent a cavalcare al massimo la tendenza.
Il mondo della moda così come lo conosciamo oggi nasce proprio grazie in questo periodo: basti pensare ad altre grandi firme come Pierre Cardin e Courreges (quest’ultimo ideatore di quello stesso stile geometrico ed essenziale che tutt’oggi è sinonimo di anni ‘60). Ma anche Paco Rabanne, che nel 1964 presentò la sua linea di abiti realizzati in alluminio e acetato di cellulosa. Insomma, un decennio davvero fondamentale per la moda femminile, le cui innovazioni fanno ancora parte della contemporaneità.