Storia e biografia di Natalino Otto: chi era la leggenda dello swing italiano?

Dopo aver raccontato l’incredibile storia di coraggio e sacrifici del Trio Lescano (potete leggerla qui) e la vita di eccessi dell’immenso Fred Buscaglione (la trovate a questo indirizzo), il magazine di Millelire prosegue il suo viaggio nel mondo della musica swing italiana con un altro fondamentale tassello, parlando di un artista oggi purtroppo caduto nel dimenticatoio ma non per questo meno importante; anzi, la figura della quale stiamo per parlare è stata davvero fondamentale per la diffusione nel Belpaese della nostra musica preferita, contribuendo in maniera determinante a portare il jazz e lo swing nelle case di tutti gli italiani nel corso degli anni ‘40 e per una gran parte del decennio successivo: come avrete capito stiamo parlando di Natale Codognotto, che i più ricorderanno con lo pseudonimo di Natalino Otto!

Natalino Otto, la sua infanzia in Liguria e i primi passi nel mondo della musica

Il nome di Natalino Otto si può davvero considerare sinonimo di “swing italiano”. Natale Codognotto (questo il nome con cui l’artista è nato, a Cogoleto, il giorno della vigilia di natale del 1912) è stato un vero e proprio apripista per questo genere. Erano gli anni ‘20 quando il piccolo Natale muoveva i suoi primi passi di tip tap, dimostrando i primi semi di una passione che si fece presto travolgente; presto iniziò a suonare anche il tamburo, pagandosi le lezioni di batteria con i pochi soldi guadagnati lavorando come apprendista sarto in una bottega. Non passò molto tempo prima che la fame di musica del giovane Natalino riuscì a trasformarsi in una professione vera e propria: dapprima accordandosi alle numerose orchestre genovesi e aiutandole a trasportare gli strumenti di locale in locale, ed in seguito sostituendo qualche musicista di tanto in tanto. A soli sedici anni riesce così a suonare la batteria nell’orchestra di George Link, ed in seguito coronò il sogno di imbarcarsi su un transatlantico diventando batterista di bordo: inizia così il lungo periodo della sua vita trascorso all’interno degli enormi piroscafi, facendo una continua spola tra l’Europa e l’America del Nord. Fu a bordo del “Conte di Savoia” che Natale Codognotto inizia la sua trasformazione in “Natalino Otto”, affondando il suo stile alla batteria ed imparando – come volevano gli usi dell’epoca – a cantare i ritornelli attraverso un megafono; un successo praticamente immediato raggiunto grazie all’apprezzamento di un pubblico internazionale, capace di apprezzare sonorità moderne all’epoca proibite nell’Italia delle camicie nere.

Il rientro a Genova ed i primi successi radiofonici di Natalino Otto

Nelle sue infinite tratte fra Europa e Stati Uniti – pare che Natalino Otto abbia attraversato l’Atlantico addirittura trentotto volte! – ha così avuto modo di sviluppare uno stile unico, anche grazie alla conoscenza diretta di alcuni illustri colleghi; era il 1935 quando sbarcando a New York conobbe infatti Gene Krupa, all’epoca fra i più rinomati batteristi jazz. Grazie a questo aggancio, Natalino riuscì a proporre i suoi pezzi ad un pubblico ancora più vasto, grazie alla radio: il primo successo fu “Parlami d’Amore Mariù”, ancora oggi una delle sue canzoni più amate e conosciute. Risale sempre alla metà degli anni ‘30 l’amicizia con un altro gigante del jazz, il violinista italoamericano Joe Venuti; fu proprio lui a proporre al giovane artista emergente di trasferirsi definitivamente negli Stati Uniti, che però declinò la proposta preferendo il rientro nella sua Liguria. Il bagaglio musicale che si portava appresso era qualcosa di assolutamente nuovo per il pubblico del Belpaese; e con lui in Italia arrivavano non solo i suoi dischi in vinile e gli spartiti dei pezzi scritti nel corso degli anni, ma anche un microfono che andrà presto a sostituire il megafono. Nel giro di pochi mesi, Natale Codognotto passa da Roma – dove suona per qualche mese nell’orchestra di Armando Fragna – a Milano, dove il maestro Mulazzi lo scopre nei panni di cantante e gli consiglia con insistenza di trovarsi uno pseudonimo con il quale esibirsi: è il 1937 quando nasce ufficialmente la leggenda di “Natalino Otto”. Nel corso del suo sodalizio artistico con Gorni Kramer, celebre direttore d’orchestra, con il quale si esibisce in un repertorio prevalentemente americano. Iniziano così i problemi con la censura…

La musica proibita di Natalino Otto raggiunge i palchi di Sanremo

L’Italia del fascismo e delle leggi razziali non poteva tollerare la musica di Natalino, che si trovò così costretto a tradurre i suoi pezzi in italiano; una soluzione che non ha impedito alle camicie nere di irrompere in un locale di Bergamo nel quale l’artista genovese si stava esibendo, costringendolo a intonare “Giovinezza”. Il nostro, nonostante i fucili spianati, non si fece problemi ad ammettere che non ne conosceva il testo e a rispondere cantando la sua “Mister Paganini”! Davvero niente male. Nonostante questi grossi problemi, la musica di Natalino Otto rappresentava comunque degli ideali di libertà e continuava ad avere un buon seguito; fu la tanto agognata fine della guerra a concedergli una seconda vita musicale, permettendogli di godere di un successo fino ad allora solo clandestino in Italia. Nel 1954 raggiunse anche i palchi di Sanremo, portando in finale ben quattro delle cinque canzoni che aveva portato al festival, e nello stesso periodo fonda la Bolero, la casa discografica che per prima pubblicò le canzoni di un altro grande dello swing italiano come Fred Buscaglione. La musica di Natalino Otto era già nella leggenda: il suo swing proponeva al pubblico del Belpaese tutto l’estro e lo stile del grande jazz statunitense, che ha influenzato non solo gli artisti a lui contemporanei ma anche tanti altri grandi musicisti a venire. Tra i suoi più grandi successi e le sue canzoni più note (si stima ne abbia incise oltre duemila) è impossibile non citare “Ho un sassolino nella scarpa”, “Mamma voglio anch’io la fidanzata”, “Birimbo Barambo”, “Polvere di Stelle” e “Fidanzatina”; ma anche “Op op trotta cavallino” e quella stessa “Mister Paganini” che ebbe il coraggio di intonare proprio di fronte ai suoi nemici: la sua prematura scomparsa, avvenuta a causa di un infarto a soli 56 anni, non fece altro che cementarne per sempre la figura sulle pagine di storia della nostra musica.